Come ormai è già noto mi piace utilizzare per la realizzazione delle mie ricette sapori e profumi legati al mio territorio .
Per lo più amo i sapori forti , decisi e intensi .
Sapori che in un certo senso donano carattere ai miei piatti, carichi di gusto, come lo è del resto la cucina tipica siciliana, ma senza mai eccedere .
Oggi ho deciso di parlare di un ingrediente che a volte utilizzo nelle mie ricette ” a gocce ” come insaporitore.
La colatura di alici.
Ne basta infatti giusto qualche goccia per trasmettere un sapore unico a certe preparazioni .
L’origine della colatura risale agli antichi greci che chiamavano l’ antenato di questo condimento “Garon”, poi i romani lo ribattezzarono in “Garum”.
Ogni anno io tra aprile e maggio inizio a preparare la mia per essere pronta l’anno dopo.
La colatura di alici si ricava dallo stesso procedimento utilizzato per le alici sotto sale.
A differenza però delle alici sotto sale, per la colatura dobbiamo avere un po’ più di pazienza ed aspettare qualche mese in più per avere un ottimo risultato .
Inoltre per ottenere la colatura è necessario utilizzare per le alici, dei contenitori di legno, in Sicilia chiamati varili o menzu varili, di forma cilindrica.
A seguito della pressione e della maturazione del pesce, affiora del liquido in superficie che, nel caso di preparazione di alici sotto sale, viene rimosso. Mentre per la colatura di alici questo liquido fornisce la base per la preparazione. Viene infatti man mano raccolto e conservato in recipienti di vetro . Dopo circa 7/8 mesi, tipicamente quindi tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, tutto il liquido raccolto viene nuovamente versato nei contenitori di legno con le alici, e fatto lentamente colare attraverso un foro applicato alla base del contenitore, tra gli strati di pesce, in modo da raccoglierne ulteriormente il sapore. Viene infine filtrato attraverso teli di lino, ed è quindi pronto per gli inizi di dicembre.
In passato l’uso del Garum fu introdotto a Roma durante le guerre puniche quale condimento di pietanze a base di carne, pollo, agnello, verdura. Si produceva diffusamente nei centri nordafricani da Cartagine alla Numidia, l’attuale Algeria. A partire dal II secolo A. C. questa salsa a Roma ha un successo sempre crescente. La qualità del garum nell’antichità veniva indicata con lettere dipinte sulle anfore ed assicurava anche l’anno di produzione. Le migliori salse erano denominate Garum Excellens (ottenuta con alici e ventresche di tonno); Garum Flos Floris(sgombro, alici, tonno); Garum Flos Murae (murene); infine c’era una qualità ottenuta dalle ostriche, salsa per nababbi o esibizionisti, usata in banchetti particolari.
Il miglior Garum veniva prodotto a Cartagine, il cosiddetto Garum Sociorum, e veniva prevalentemente utilizzato lo sgombro; ottimi, anche se più economici, erano i tipi prodotti a Pompei, Antibes (Costa Azzurra) e in altri centri del Mediterraneo.
Queste salse verranno utilizzate fino a quando saranno superate per qualità e profumo, nonché per semplicità di produzione, dalla realizzazione della “Colatura di alici” (come la intendiamo oggi) avvenuta probabilmente intorno alla seconda metà del XIII secolo, ad opera dei monaci cistercensi della canonica di San Pietro a Tuczolo, colle nei pressi di Amalfi. I monaci possedevano una modesta flotta che utilizzavano per il trasporto del frumento e che nei mesi estivi trasformavano in pescherecci per la pesca del pesce azzurro, particolarmente delle alici. I monaci possedevano anche dei locali per la conservazione del pescato in eccesso, nei quali riponevano botti chiamate terzigni, contenenti alici private della testa e delle interiora, alternate a strati di sale. Sulla copertura della botte si riponeva un tappo di legno chiamato ” tappagnu” sulla quale riponevano un pesante masso che permetteva al liquido in eccesso di depositarsi sul fondo del barile e attraverso le doghe scollate di versarsi sul pavimento. Il profumo e la limpidezza di questo liquido che colava sul pavimento indussero i monaci a raccoglierlo in recipienti e a portarlo all’attenzione del fratello che si occupava di cucina, il quale immediatamente utilizzò il liquido per condire le verdure lesse, aggiungendovi spezie, aromi e l’olio. I monaci mandarono questo nuovo condimento in dono ai conventi e a molti cittadini della zona, che successivamente si industriarono per preparare il liquido nelle proprie case. Finchè qualche persona della zona ebbe la felice intuizione di usare il cappuccio comunemente adoperato per stillare il mosto, per filtrare anche i liquidi e le alici spappolate residuati nei fondi dei vasi di terracotta, facendo nascere la colatura di alici che attualmente si produce.